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Spiro Dalla Porta Xydias ci ha lasciato


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Figura di eccellenza del Club Alpino Italiano e della Sezione XXX Ottobre di Trieste, era Socio onorario e Accademico del CAI; vantava un curriculum alpinistico con un centinaio di prime ascensioni. Autore di moltissime pubblicazioni sulla montagna, era nato nel febbraio del 1917 a Losanna ma poi si è trasferito giovanissimo a Trieste, dove ha vissuto la sua lunga e prestigiosa vita. Fin da giovanissimo si era innamorato delle montagne che vedeva in lontananza quando soggiornava con la famiglia a Chamonix; a ventiquattro anni ha iniziato a scalare coronando questa sua forte attrazione per i monti.

La sua montagna, per antonomasia, era il Campanile di Val Montanaia simbolo non solo come monte, ma proprio come elevazione spirituale; là ha avuto la fortuna di poter fare due scalate rimaste nella storia: nel ’44, la prima invernale degli strapiombi nord del Campanile e nel ’55 l’ultima parete ancora inviolata, la parete est che Comici aveva tentato di scalare invano. Il richiamo della montagna, della scalata, per lui, era talmente forte, che non ha potuto rinunciare nemmeno dopo un grave incidente subito sulla Torre Coldai dove un masso lo investì in pieno, procurandogli quindici fratture costali ed un enfisema polmonare. “La scalata, l’ascensione, il raggiungere la vetta, non è un fatto tecnico e ancor meno sportivo, è un fatto spirituale, è la concretizzazione della ricerca, dell’elevazione, che nasce in ogni uomo, che è dentro ad ogni uomo; questo è il vero significato della scalata”. Prima di essere scalatore Spiro è stato un gran sportivo: è stato campione del Triveneto di singolare e di doppio – seconda categoria – nel tennis e ha giocato a nel campionato italiano di basket in serie A.

Appartenente al gruppo Scrittori di Montagna di cui era presidente onorario, grazie ad un maestro scrittore come Giani Stuparich, che al liceo lo aveva formato, ha scritto ben 63 libri. Tra questi, il più conosciuto è “I Bruti della Val Rosandra” dove racconta la sua storia con gli amici con cui arrampicava, vissuta dopo il ’43, quando, in balia di facili e gratuite denunce, si poteva essere imprigionati, fucilati o impiccati; e per evadere da questa realtà vivevano la vita dandola alla montagna, alla natura, alla scalata; malgrado ciò, di quel gruppo di allora, molti sono stati fucilati o portati in campi di concentramento, dove anche Spiro ha rischiato di finire.Coltivava pure la passione per il teatro in veste di regista fin dai tempi dell’Università; è stato tra i fondatori del “Teatro d’Arte dell’Università” e del “Teatro Stabile” di Trieste e ha gestito attori del calibro di Gian Maria Volonté, Lea Padovani, Paola Borboni.

Il contributo dato alla cultura della montagna stava nella sua capacità di raccontare e raccontarsi con uno stile unico ed inimitabile, alla ricerca costante delle motivazioni che individuava in una propria profonda spiritualità. Il 21 febbraio prossimo avrebbe compiuto 100 anni e sarebbe stato certamente un giorno di grande festa per la Sezione e per l’intero Sodalizio. Se ne andata certamente la voce più autorevole del nostro CAI, di grandi capacità didattiche ed eccellente maestro di etica. Sempre coerente con la sua lunga vita che ha saputo vivere appieno.