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CAI e CNSAS Lazio rispondono a Riccardo Innocenti


(soccorso alpino)

Cari Soci,
in merito alla pubblica denuncia ai danni del nostro Sodalizio e della CNSAS, effettuata da un Socio, Istruttore Nazionale del CAI ed ex componente del Corpo Nazionale Soccorso Alpino del Lazio, apparsa impropriamente su vari organi di stampa e Social Network, riteniamo di fare cosa gradita il riportare qui a seguito le due risposte da parte dei vertici delle organizzazioni coinvolte, il Pres. Umberto Martini ed il Pres. del CNSAS Lazio, Corrado Pesci.

 

 

La risposta di Umberto Martini, presidente generale del CAI

 

Con riferimento alla pubblicazione della lettera inviata da Riccardo Innocenti ai Consiglieri Centrali del CAI, dal titolo “Il Soccorso Alpino ha un’altra faccia?”, ritengo doveroso intervenire immediatamente. Premetto che, non appena pervenuta tale comunicazione, l’argomento è stato posto all’O.d.G. dell’imminente Consiglio Centrale del CAI per ogni più opportuno approfondimento. Quel che, però, va immediatamente contestato è la pretesa “atarassia” da parte del “CAI in senso lato”: si tratta, infatti, di una affermazione gratuita, della cui infondatezza avrebbe dovuto essere ben consapevole, per primo, l’estensore della lettera, poiché ricevere risposte non condivise non equivale a non ricevere risposte.

Ma andiamo con ordine.

 

• Il socio esordisce dalla sua mancata nomina quale componente della Scuola Centrale di Alpinismo. Competente a tali nomine è il Comitato Centrale di indirizzo e controllo che, all’interno della rosa dei candidati proposti, effettua le proprie scelte in piena autonomia di valutazione e attraverso una apposita votazione segreta: se la candidatura non ha raccolto i voti necessari questo non significa “imperturbabilità epicurea” (questo è il significato di atarassia), bensì espressione di libera scelta da parte dell’Organo a ciò deputato.

 

• Il socio ha segnalato fatti inerenti la gestione da parte del Direttivo del Soccorso Alpino Lazio e ammette che il C.D.C. si è occupato del caso, concedendo a coloro che vi erano interessati modi e termini per fornire documenti e spiegazioni. All’esito di un attento esame di quanto emerso, il C.D.C. ha ritenuto, motivandolo, di archiviare l’esposto, pubblicando la relativa delibera il 28 giugno 2013. Anche in questo caso non vi è stata alcuna forma di atarassia, ma un intervento tempestivo cui è seguita una specifica valutazione. La circostanza che le conclusioni cui il C.D.C. è pervenuto non siano condivise dal socio, non implica né immobilismo, né errore di valutazione. Quella da lui espressa è e resta un’opinione.

 

• Il socio si duole di quella che considera una illegittima radiazione dal CNSAS. Al riguardo, come evidenzia e documenta il medesimo, è pendente un giudizio avanti il Tribunale civile di Roma e un ricorso che verrà ulteriormente trattato nell’ambito della giustizia interna e, più esattamente, avanti il Collegio dei Probiviri del CNSAS. Anche in questo caso non si comprende perché, in attesa di giudizi il cui esito non può darsi per scontato a favore dell’una o dell’altra posizione, una delle parti abbia dovuto dare enfasi al contenzioso, auto-attribuendosi delle ragioni, mentre sarebbe certamente più corretto attendere il pronunciamento delle Autorità competenti. Il rilievo vale soprattutto rispetto ad affermazioni relative a pretesi “comportamenti opachi e contra legem” che, ove mai, tali potranno essere qualificati solo all’esito dei giudizi in corso.

 

• Si afferma, altresì, che sono state avviate indagini da parte della Procura di Roma, in seguito ad esposti e querele “non ritenute infondate”. Anche in questo caso è doveroso attendere l’esito di tali indagini e, qualora si ipotizzassero illeciti, dovrà aversene conferma da parte di un Tribunale penale. Fino ad allora, non è consentito anticipare affermazioni che potrebbero risultare prive di fondamento.

 

• Quanto al rilievo che la vicenda ha assunto, si tratta semplicemente dello strepitus che il socio estensore della lettera ha inteso provocare e, a tal proposito, non può non stigmatizzarsi tale comportamento, sottolineandosi che il buon nome del Club Alpino Italiano si tutela non solo affrontando, nei modi previsti, eventuali criticità e ponendovi i dovuti correttivi, ma anche, se non soprattutto, attendendo gli esiti di proprie iniziative giudiziali e accettando opinioni e valutazioni diverse dalle proprie.

 

• Per quanto attiene, infine, il volontariato del CAI risulta codificata, come è noto, la scelta di pretendere dai propri soci che cariche ed incarichi non possano essere retribuiti, ma consentano un solo rimborso delle spese a fronte di idonea documentazione. Tale principio è stato costantemente ribadito nel tempo, ma il CNSAS, benché Sezione Nazionale del Club Alpino Italiano, gode di un elevato grado di autonomia organizzativa, funzionale e patrimoniale, non solo per proprio statuto, ma anche in forza della legislazione nazionale che, per le finalità cui è preposto, gli attribuisce una particolare posizione nel mondo del volontariato. Basti considerare, a titolo esemplificativo, l’art. 1 commi 2 e 3 della Legge 162/92, le cui statuizioni, senza che per questo venga rinnegata la qualifica di “volontari” in capo a coloro che operano nel CNSAS del CAI, prevedono che a fronte dell’astensione dal lavoro nei giorni di operatività o di esercitazioni, competa loro il trattamento economico e previdenziale, se dipendenti o una indennità, se lavoratori autonomi. Si tratta, all’evidenza, di una precisa scelta del legislatore che non snatura il volontariato di questi soci ed anzi lo riconferma in modo letterale, pur prevedendo la corresponsione di denaro a loro favore.

 

* * * In conclusione: il Club Alpino Italiano intende tener fede ai propri ideali di correttezza e trasparenza e ai principi che ne hanno sempre ispirato il comportamento, ragione per cui ove criticità, irregolarità o quant’altro emergessero saranno adottati i provvedimenti associativi del caso. Sino ad allora, però, è legittimo attendersi rispetto per quanto in corso di valutazione e accertamento o per quanto già deliberato, senza fughe in avanti che potrebbero indurre a interpretazioni negative delle ragioni che vi sono sottese.

 

Il Presidente generale, Umberto Martini

 

La risposta del CNSAS, Servizio Regionale Lazio – Presidenza

 

Gentili Soci del CAI,

non è nostro uso farci trascinare in polemiche o addentrarci nel campo, a noi del tutto estraneo, delle dispute e delle controversie. Siamo però costretti – con questa nostra lettera – a difendere con orgoglio quello a cui teniamo di più: la nostra onestà e il nostro onore. Da settimane rimbalzano sulla stampa e sui principali social network accuse infamanti rivolte al Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, con bersaglio principale il Servizio Regionale Lazio (SASL).

Un socio CAI, Riccardo Innocenti – ex appartenente al CNSAS e radiato per gravi motivi disciplinari – ha intavolato una personale battaglia contro il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, tentando di infangare il CNSAS alludendo a presunte opacità nella gestione finanziaria. L’accusa è grave e infamante. Vigliacca, perché va a colpire al cuore l’orgoglio e l’onore di chi ha scelto volontariamente di dedicare il proprio tempo, la propria fatica, la propria professionalità a portare aiuto e soccorrere gli appassionati, i turisti e gli abitanti della montagna. E’ una pugnalata che colpisce tanti Soci CAI volontari del CNSAS che non percepiscono alcuno stipendio od obolo per il loro sacrificio. Molti dei Volontari del soccorso alpino del Lazio, fra cui i dirigenti, hanno deciso che i rimborsi a loro destinati restassero – e restino – nelle casse del SASL. Un gesto nobile e responsabile in questi tempi di “vacche magre”, dove i finanziamenti pubblici spesso non coprono neppure il necessario ricambio di attrezzature e mezzi di soccorso. Le accuse di Innocenti, sono state respinte dopo essere state verificate. Infatti, i documenti da lui prodotti a sostegno delle sue tesi sono stati correttamente presi in esame dagli stessi Enti pubblici, dagli organi nazionali del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico e dal Consiglio direttivo centrale del CAI, come richiesto dallo stesso Innocenti. Tutte le accuse sono cadute miseramente nel vuoto, verificate e vagliate nell’ordine:

 

 Da analisi degli stessi organi regionali del Soccorso Alpino Lazio, accusati da Innocenti;

 

 Da analisi del Consiglio Nazionale del CNSAS, che per volere del Presidente Baldracco ha affidato il compito di revisione dei bilanci a una società esterna di revisori dei conti. Società che ha certificato, sotto responsabilità di legge, che i conti del SASL (Soccorso Alpino e Speleologico Lazio), erano privi di qualsiasi anomalia o frode;

 

 Da analisi degli organi nazionali del CAI (Club Alpino Italiano), che non appena coinvolti nella vicenda hanno richiesto al Soccorso Alpino Lazio tutta la documentazione relativa a contributi pubblici, donazioni private, spese effettuate e sostenute da tutti i volontari del servizio regionale, dirigenti compresi. Anche qui il CAI non ha ravvisato alcun comportamento fraudolento o alcuna distrazione di fondi;

 

 Da analisi della Regione Lazio, organo che assicura da anni i finanziamenti pubblici al SASL. Anche gli uffici tributari della Regione hanno richiesto tutti i documenti fiscali, non riscontrando alcuna anomalia, confermando anzi il regolare stanziamento di fondi a beneficio del CNSAS Lazio, sottolineandone la fondamentale importanza per il lavoro effettuato da anni nel soccorrere le vittime degli incidenti montani (in un Lazio che pochi sanno essere per il 70% del territorio coperto da montagne e rilievi).

 

Nonostante siano state ripetutamente respinte le tesi di Riccardo Innocenti, lo stesso ha continuato l’opera di discredito e attacco ingiustificato nei confronti del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico. Per ultimo, dopo aver preso sonore “buche” da CNSAS Nazionale, CAI, e Regione Lazio, si è rivolto alla giustizia obbligando con un esposto gli organi giudiziari a occuparsi del suo caso, con la richiesta di un suo reintegro coatto nel Soccorso Alpino. Ma come?! Chiedere addirittura ai giudici di essere riammesso in quello che si considera con tale disprezzo? Viene da pensare che Innocenti, con questa escalation di “sparate” sulla stampa e sui social media contro il Soccorso alpino voglia costruirsi un sorta di aura da “vittima” di chissà quale complotto, per rafforzare tesi del tutto avulse dalla realtà davanti ai magistrati. Tentativi maldestri di arrivare con la “macchina del fango” dove finora ha fallito. Ma siamo certi che anche i giudici, in una prossima udienza, troveranno nei confronti del CNAS Lazio un’unica cosa: un assurdo, morboso accanimento di una persona che ha voluto riscattare errori e mancanze personali gettando palate di fango su una realtà, quella del Soccorso Alpino, profondamente trasparente e pura. Da parte nostra resta il profondo amaro in bocca per tutto il tempo speso fra carte e burocrazia, quando il nostro pane quotidiano è fatto di corde, roccia, montagne. Ma non ci fermiamo. Il nostro onore, il nostro impegno e la nostra passione non sono alla mercé di alcuno. Invitiamo gli amici del CAI e gli amanti della montagna che ancora non ci conoscessero, a venire a conoscerci da vicino. Troveranno nelle nostre Stazioni di Soccorso quei Volontari e soci CAI che, per davvero, rischiando la propria vita si mettono al servizio del prossimo. Per quanto riguarda l’autore di questi attacchi spregevoli, Riccardo Innocenti, nessun rancore. Non merita neppure quello. Nei suoi confronti proviamo soltanto profonda tristezza, per il tempo perso da tutti noi per dimostrare l’infondatezza delle sue accuse e per la sensazione che le sue assurde accuse potrebbero a volte far pensare al motto: “fa più rumore un albero che cade che un foresta che cresce”. Vogliamo però con forza che la nostra posizione sia diffusa il più possibile, anche all’interno del CAI. I Soci meritano di conoscere nei dettagli chi sono, cosa fanno e come operano i fratelli del Soccorso Alpino.

 

Il Presidente del SASL, Dott. Corrado Pesci